J. Brahms – interprete spirituale della musica tedesca

06.07.2012 14:50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel campo psicologico-espressivo del secondo romanticismo (quello successivo a Beethoven, tanto per intenderci), si riscontra una grande svolta. Questo secondo periodo del romanticismo, rispetto al primo, si spoglia dell’”eroismo” e dell’”immediatezza formale” che avevano caratterizzato la prima metà dell’Ottocento, e si trasforma in romanticismo della nostalgia e della riflessione. Il carattere impetuoso, ardente, brillante, di Beethoven, Weber, lascia spazio ad un profondo psicologismo analitico. La stessa armonia classica, che dava all’architettura della sonata un chiaro movimento tonale di andata e di ritorno, con la continua alternanza nel discorso tematico di tensione e distensione delle frasi musicali, cambia, invitando anche il discorso strumentale a diffondersi in qualche cosa di analogo alla melodia infinita. Il compositore per eccellenza, di questo secondo periodo romantico, che nella sua musica riesce a mettere in luce tutti i caratteri propri della musica tedesca di questo secondo romanticismo è JOHANNES BRAHMS.

Scoperto e “lanciato” da R. Schumann, col celebre articolo “VIE NUOVE” , uscito nella rivista “Neue Zeitschrift fur Musik” (Nuova Rivista di Musica), di cui Schumann era proprietario e redattore, Johannes Brahms (Amburgo 1833 – Vienna 1897) divenne il massimo esponente d’una reazione alla “nuova scuola tedesca” e alla sua esteriorizzazione dei sentimenti nella concretezza sensibile del dramma o del poema sinfonico. La sua vita modesta di scapolo solitario, amante della quiete, della musica e della birra, non fu solcata da fatali passioni romantiche. Tutto il resto, in lui, era musica, e alimentato essenzialmente da una grande cultura musicale. Di lui, i posteri, ci dicono che fu l’interprete assoluto del significato spirituale e creativo delle realizzazioni di Bach, Mozart e Beethoven, e che la sua musica è un monumento artistico della suprema sintesi della musica tedesca.

Il punto nevralgico della musica di Brahms è la forma. Apprezzato da molti come un maestro dell’architettura formale per le quattro monumentali sinfonie : n° 1 op. 68 in do minore; n° 2 op. 73 in re maggiore; n° 3 op. 90 in fa maggiore; n° 4 op. 98 in mi minore; i Concerti : per pianoforte op. 83 in sib maggiore; per violino op. 77 in re maggiore; per violino e violoncello op. 102 in la minore, e la numerosa musica da camera. Egli è un romantico, nell’espressione immediata dell’intuizione di forme libere, volta per volta inventate, ma si misura in una lotta disperata col grande ideale della forma classica, cercando di piegarvi, ostinatamente, un linguaggio musicale che ormai ha perso la precisa geometricità beethoveniana e le simmetrie tonali. Per questo Brahms può essere anche definito come un romantico prigioniero della forma.

La caratteristica frase lunga di Brahms e nello stesso tempo non condotta alla conclusione tonale, ma armonicamente modulata in altre tonalità, comporta uno sforzo d’attenzione prolungata da parte dell’ascoltatore e richiede da lui una collaborazione intellettuale intensa. Tutta la musica di Brahms, anche quella sinfonica, è concepita nello spirito intimistico della musica da camera : ricchezza di relazioni interiori e di intersezioni contrappuntistiche, dirette a creare quella continuità e fluenza del discorso musicale come una ben connessa prosa musicale, che non la può cogliere perfettamente se non l’esecutore.

Lo strumentale di Brahms è una stretta conseguenza del suo linguaggio armonico: addolcire le acerbità dell’armonia e penetrarle in trasparenza, come fa la luce con il colore. Brahms si avvicina molto all’intimità e alla tenerezza di Mozart nell’impiego di certi timbri smorzati, come la viola e il clarinetto, nell’impasto inarrivabile dei legni, e inoltre, conquistò il suono velato del corno a un ordine di sentimenti crepuscolari e nostalgici che Weber e Wagner avevano soltanto intuito.

Per questa interezza , per questa sferica rotondità del suo mondo poetico, Brahms è un musicista che appartiene alla “famiglia” di Mozart, non di Beethoven, e di Mozart possiede la “celestiale lunghezza”, di Mozart e Schubert, al quale ultimo lo avvicinano la tenerezza e l’intimità della melodia, nonché il gusto viennese della bella musica di divertimento.