Franz Schubert e l’intimità romantica

08.11.2012 17:44

 

Gli aspetti moderati, l’inclinazione particolarmente elegiaca del romanticismo, con affetti improntati a malinconia e soavità, la fuga dal presente, l’improvviso smarrimento nell’infinito, tutto questo mondo si manifesta con immediata freschezza nell’arte spontanea di Franz Schubert, in cui un gusto sincero di divertirsi e di divertire, grazie anche agli scherzi musicali improvvisati genialmente al pianoforte in mezzo a una cerchia di amici e d’amiche, in quelle celeberrime “Schubertiadi”. Infatti, la musica di Schubert va intesa soprattutto a mò di continua “comunicazione ai miei amici”, cioè musica da camera nel vero senso della parola, anche le sinfonie, e più di tutte l”Incompiuta”, confidenziale linguaggio d’un gruppo di amici, che non pretende imporsi con la scienza musicale, bensì con atmosfere di liete conversazioni, di scherzi, di volenterosi giochi di società.

Anche in Mozart, Haydn e Beethoven, si erano sentiti temi caratteristici, semplici, indimenticabili, però in questi compositori l’accento della composizione non batteva lì, ma sul lavoro di sviluppo cui esso dava origine, cioè sul divenire tema. Poche note tratte dall’accordo perfetto e schematicamente disposte, da cui poi essi ricavavano il loro prestigioso edificio. In Schubert, invece, si hanno motivi: una frase che ha senso compiuto, che si adorna di grazia, che con l’imprevisto di una modulazione, con l’inflessione carezzevole di un intervallo, con la penetrante o struggente dolcezza di un'armonia strapperà un piccolo grido di gioia alle care ascoltatrici.

Tutto questo può essere rappresentato con una similitudine: come un regalo che il buon mago inventa durante la giornata per portarlo la sera in dono agli amici. Ecco: giocattoli sono questi motivi squisiti di Schubert, lavorati con la tenerezza affettuosa d’un babbo Natale da fiaba. Motivi così belli e compiuti, che penetrano nell’anima con quella segreta dolcezza, con quella intimità che i tedeschi esprimono in un vocabolo intraducibile letteralmente e squisitamente schubertiano: “HEIMLICHKEIT”, ossia segretezza, mistero, ecc. Motivi di così compiuta bellezza non si possono veramente sviluppare: non rimane che ripeterli, per provare ancora una volta quel brivido, quel rimpianto struggente, quel contatto fuggevole dell’anima con la verità del cuore, al di là di ogni raziocinio.

Tuttavia, l’inevitabile crisi della forma classica col suo meccanismo modulante che costringe il musicista a sbriciolare, a sciupare a malincuore quelle sue bellissime idee che, compiute come sono, non hanno bisogno di sviluppi ed elaborazioni. La ripresa è la sola parte della forma-sonata che un musicista come Schubert può considerare con simpatia, quando finalmente il motivo può riemergere intero dopo il travaglioso corso dello sviluppo, e splendere di nuovo radioso nella sua primordiale bellezza.

Il modulare continuo di tonalità in tonalità non ha il preciso scopo strutturale, per passare da una ad altra sezione dell’opera, ma è un piacere fine a se stesso, un caleidoscopico godimento dell’orecchio che si compiace nel gioco delle armonie cangianti, mentre lo spirito gode del rilievo ogni volta impresso ad un motivo accarezzato e prediletto. Schumann stesso definì la musica di Schubert “una celestiale lunghezza di motivi”, ragion per cui Schubert può apparire talvolta, nel mutato clima sentimentale dell’Ottocento, come un fratello minore di Mozart. Tale imbarazzo della forma classica si rileva anche nella musica da camera a più strumenti, che pur contiene bellezze grandissime, come nei “Quartetti n° 13” e “n° 14” (noto col nome del Lied che è adottato nel movimento “andante”, “La morte e la Fanciulla”) e nel “Forellenquintett op. 114”, anch’esso contenente variazioni sopra un lied, “Die Forelle”.

Per un’ispirazione musicale fortemente caratterizzatrice, ma lievemente dispersa e svagata, come quella di Schubert, la composizione di musica per canto su buoni testi poetici era chiaramente indicata per fornire uno scheletro architettonico e raccogliere le varie gemme armoniche e melodiche intorno a un centro ideale. Infatti Schubert, nonostante l’importanza e bellezza della sua musica strumentale, vive immortale per i suoi seicento e più “Lieder”. Con Schubert quest’arte di accostarsi ad un testo poetico di romantica ispirazione, per lo più elegiaco e pieno di malinconia, ma anche duramente tragico, e di interpretarlo amorosamente coi suoni mettendone in risalto il contenuto, calando in un’acconcia atmosfera sonora, che costituisce quasi un prolungamento vibrante a lungo nell’aria dell’emozione contenuta nel poema, quest’arte raggiunge un grado altissimo di spontanea perfezione. In un’arte tutta spontaneità e immediatezza come questa del Lied schubertiano non si dà progresso, e infatti i primi esemplari già comprendono capolavori insuperati, come il tragicissimo “Erlkonig” goethiano e la deliziosa “Heidenroslein”, composti a diciotto anni. Sebbene il gusto della solitudine, la nostalgia, il ripiegarsi su se stesso nella delusione della vita, sembrino le caratteristiche psicologiche più frequenti in queste opere, sarebbe impossibile precisare e seguire la varietà di sentimenti da cui sono fioriti i Lied di Schubert, ogni tanto maliziosi, faceti, tragici, appassionati, ed anche solennemente compresi nei misteri eterni del mondo e della vita.

Negli ultimi due cicli, particolarmente nel “Winterreise” (1826-27) e nel “Schwanengesang” (1828), qualcosa di nuovo si manifesta dal punto di vista stilistico. Da prevalentemente lirico che era, il Lied tende a farsi piuttosto drammatico, con un’attenta e penetrante analisi del testo e una minore indulgenza alla facile gioia della vocalità tutta spiegata. E il geniale tono sentimentale si fa più amaro e triste, in una frequenza ossessiva dei pensieri di morte.