Felix Mendelssohn-Bartholdy, il sentimento romantico di un genio classico

26.12.2012 11:27

 

 

 

 

 

Genio originale e nuovo, Mendelssohn è allo stesso tempo un genio conservatore e classico. Dei romantici condivise gli atteggiamenti interiori di sentimentalità diffusa, il marcato soggettivismo dell’ispirazione, il gusto per le corrispondenze fra le varie arti. Per lui, come per la maggior parte degli autori romantici, l’idea poetica è molto spesso il naturale punto di partenza del pezzo musicale; anche per lui la musica è soprattutto una questione d’avvenimenti intimi della vita sentimentale tradotti in linguaggio di suoni. Ma questo “io” che è romanticamente al centro della sua arte non è un io pronunciatamente romantico. Egli apparve a Schumann come “il Mozart del secolo XIX”, per la sua limpidezza musicale e perché fu il primo a vedere e a riconciliare le contraddizioni dell’epoca. Egli non fu un accademico, né un falso profeta del romanticismo, e questo è dimostrato dall’affettuosa ammirazione d’uno Schumann, che visse anni di schietta solidarietà artistica con Mendelssohn a Lipsia.

Mendelssohn è un figlio del periodo romantico, tuttavia, nella sua musica quello che ci attira e ci commuove non è lo strano e il nuovo, ma proprio l’amabile, il consueto. Là dove Schumann è ineguale e tumultuoso, Mendelssohn è cauto e meticoloso; là dove il primo si abbandona totalmente ad una passione che lo domini, il secondo rifiuta di scavare a fondo nei propri sentimenti. Se Schumann, da buon romantico, nel suo modus operandi, per cogliere musicalmente l’immediatezza fluttuante della vita interiore sacrifica la forma musicale, il disegno strutturale, a favore del colore e della luce preludendo all’impressionismo, in Mendelssohn, invece, le forme restano classicamente chiare e precise.

Dotato d’una facilità musicale straordinaria, temperamento nato di “primo della classe”, Mendelssohn assimila agevolmente qualunque eredità della tradizione musicale, affronta e supera con tranquilla bravura i più aspri problemi tecnici. Ammiratore e rivelatore del genio di Bach, a un’età che l’aveva alquanto trascurato, scrisse preludi e fughe con una facilità da compositore di fughe consumato. Perfino la sua breve vita (1809 – 47) si differenzia singolarmente dalle tormentate vite romantiche: ricco, fortunato, autorevole, immediatamente riconosciuto nella sua grandezza. Viaggiò per l’Europa raccogliendo varie esperienze artistiche e culturali, dapprima pianista di grido, fu poi un grande direttore d’orchestra; la sua riesumazione della “Passione secondo San Matteo” di Bach, nel 1829, basterebbe da sola ad assicurargli somme benemerenze musicali. Inoltre, stabilitosi a Lipsia nel 1835 come direttore del Gewandhaus (sala da concerto dove si esibiva l'omonima orchestra di Lipsia), e poi fondatore (1842) e direttore del Conservatorio, esercitò un’azione di grande portata sulla vita musicale del suo tempo, così come influì largamente sul gusto europeo dopo di lui.

A differenza di Schumann, Mendelssohn fu un grande orchestratore, erede diretto della diabolica abilità weberiana nella combinazione dei timbri orchestrali. Delle sue cinque sinfonie, almeno tre, quella così detta della  “Riforma” n° 5 op. 107 in re min.  (1829 – 30), l’”Italiana” n° 4 op. 90 in la magg. (1830 – 33), e la “Scozzese” n° 3 op. 56 in la min. (1839 – 41), conservano la più grande vitalità. Alcune delle sue più belle composizioni sinfoniche, vanno ricercate fra le Ouvertures, come la celebre  “Grotta di Fingal”  o “Le Ebridi” (1830 –32), tutta piena di marina luminosità.

Il fantastico del romanticismo non prendeva in lui nessun aspetto angoscioso, d’incubo allucinante, ma piuttosto tendeva a sfociare nella magia irreale del regno delle fate e dei folletti, e di questa sua concezione serena e luminosa del fantastico egli diede la più bella prova nelle musiche sinfoniche scritte per il “Sogno d’una notte di mezza estate” : la splendida “Ouverture” (1827), il “Notturno”, lo “scherzo” , in cui il clarinetto ha una parte da protagonista con gli altri fiati, e la celebre “Marcia nuziale” (1843"). Mendelssohn non ha scritto per il clarinetto (strumento evolutosi nel romanticismo ed entrato a far parte della schiera degli strumenti musicali romantici per eccellenza) solo dei passi orchestrali, ma gli ha anche dedicato una sonata , uno studio  e due concerti per clarinetto e corno di bassetto: Konzertstuck n° 1 op. 113 e Konzertstuck n° 2 op. 114. Una delle opere di Mendelssohn più rappresentativa della sua eleganza classica è sicuramente il melodioso “Concerto per violino in mi minore” (1844). Nella numerosa musica da camera si distinguono specialmente i Trii op. 49 (1839) e op. 66 (1845), i tre Quartetti op. 44 (1837 – 38) e infine le celeberrime “Romanze senza parole” per pianoforte, tipici esempi di esternazione sonora d’un idea letteraria o d’uno spunto psicologico, nella condensazione robusta di pezzi brevi che creano di volta in volta la loro forma originale. Infine Mendelssohn, di famiglia ebraica convertita alla religione protestante, fece rivivere con successo ineguagliato la forma dell’oratorio sacro in opere come: “Paulus”, ”Elias” e “Christus”, di ispirazione tipicamente händeliana, i cui modelli vennero da lui appresi in Inghilterra. Soprattutto nell’oratorio “Paulus” (1836), la musica pareva a Schumann “magistralmente indovinata” nella sua popolare chiarezza, oltre alla sua ammirazione per il canto alto e nobile e la perfetta armonia nell’unione del testo con la musica.